El Dorado: splendore d'oro di antiche esplorazioni in Amazzonia
di Anna e Maria Sciacca,
Avventurosi viaggi attraverso i territori della foresta amazzonica furono organizzati intorno al 1500 in quel periodo storici, navigatori, ed esploratori partivano dall’Europa per trovare nella profonda selva amazzonica, un antico impero, scintillante di pietre preziose e di palazzi in oro diventato famoso come “El Dorado”.
Si narra che nel 1519 giunse a Siviglia dal Messico, una nave carica di cose meravigliose portate al re di Spagna dal Nuovo Mondo e così si diffuse la notizia di El Dorado. Paesi come il Portogallo, Spagna, Inghilterra favorivano queste spedizioni alla ricerca di nuove ricchezze. La leggenda più diffusa tra i conquistadores, raccontava che a Est di Quito dentro la foresta amazzonica esisteva un lago dorato (che i geografi dell’epoca lo chiamavano sulle mappe con il nome di Parima) con spiagge e fondali d’oro dove si bagnava il re, “El Dorado” (il dorato) nella laguna di Guatavita, un lago verde blu di montagna, situato nella cordigliera delle Ande intorno a Bogotà nel dipartimento di Cundinamarca, cioé comarca del condor, provincia del condor. Gli spagnoli asserivano di avere trovato il lago sacro degli Indios Muisca o Chibcha dove durante un rituale per la nomina di un nuovo cacique, i sudditi si radunavano lungo le rive e accendevano grandi falò.
Durante una cerimonia di danze, musica e canti tra il profumo di incenso, il re veniva ricoperto di una speciale resina quindi gli veniva soffiata della polvere d’oro per mezzo di una cerbottana. Così splendente e dorato il re a bordo di una zattera veniva scortato da dei capi che indossavano piume, braccialetti, ciondoli in oro puro, raggiungeva il centro del lago cristallino di Guatavita e vi si immergeva quando il sole era allo zenith poi quando arrivava a riva, il popolo lo acclamava e si racconta che venivano gettati dei doni nel fondale della laguna, pezzi d’oro e pietre preziose. Per la tribù dei Muisca popolazione che abitava il nord delle Ande ad altitudini di 2.600 metri su di un altopiano nell’ antica Colombia,“El Dorado” non si trattava di una città ma di un re detto “El Indio dorado”. Nella loro cultura l’oro, dal latino aurum “brillante aurora” era apprezzato per il suo splendore associato al sole. I Muisca osservavano e rispettavano la natura, di religione politeista, veneravano tra i loro Dei: Xué, il Sole, Chia, la Luna, avevano anche una speciale riverenza per posti come le rocce, le grotte, i fiumi e i laghi. In questi siti mettevano delle offerte (tunjos) poiché erano considerati un portale verso altri mondi. I Muisca parola che in lingua chibcha significa “gente” abitavano in capanne con il tetto di paglia e foglie di palma, mentre il palazzo del capotribù si distingueva per le maggiori dimensioni e aveva all’ingresso foglie d’oro appese a corde di fibra vegetale che tintinnavano e risonavano nel vento. I Muisca coltivavano mais, manioca, tabacco, pomodori, fagioli e ananas, guayava, facevano cuocere i cibi sopra primitivi focolai di larghe pietre, in pentole d’argilla, realizzavano oggetti d’artigianato, strumenti musicali, ceramica, tessili e oreficeria’, esperti nel fondere l’oro per modellarlo in statuine, diademi, collane, braccialetti, oggetti ornamentali, e nell’arte della tumbaga, una lega di rame e oro. I Muisca decoravano i loro tipici mantelli andini, i ponchos con pezzi d’oro. Al museo dell’oro di Bogotà, tra i capolavori dell’oreficeria Muisca, una zattera con un cacique e intorno i suoi assistenti sembra rappresentare l’antica cerimonia di El Dorado. Nell’inesplorato territorio amazzonico, durante le varie spedizioni in Peru’, Ecuador, Venezuela, Brasile si cercavano sempre nuove zone, città e imperi dorati, e spezie pregiate come la cannella. A seguito di una serie di trattati stipulati tra i monarchi della Spagna e del Portogallo, iniziò il periodo delle esplorazioni in Sud America. Nel 1499 Yanez Pinzon sbarcò con delle caravelle ed un equipaggio sulle coste del Brasile che erano abitate da diverse tribù: Tupi, Omaguas, Guaranis, navigando lungo il fiume Rio delle Amazzoni, li diede il nome di Mar Dulce, per la sua fresca acqua che scorre dentro l’Oceano. Nel 1517 Francisco Hernandez de Cordoba intraprese un viaggio verso lo Yucatan nell’impero Maya dove c’erano edifici in pietra, templi e oggetti in oro. Nel 1519 Hernàn Cortés dopo una spedizione tra le montagne del Messico abitate dagli Aztechi, aveva descritto al re di Spagna la magnificenza di statuette in oro, un disco a forma di sole, felini, e scimmie.
Oro e argento si mescolavano a pietre preziose e costumi di vari colori. I modesti vascelli spagnoli e portoghesi navigavano lungo il Rio delle Amazzoni attraversando fiumi con mangrovie, acqua fangosa tra forti correnti, cascate e rapide. Le lussureggianti foreste aggrovigliate da cespugli, da liane, e rampicanti, tra alberi di palme e fragranti orchidee e bromelie dai colori brillanti, e il clima caldo umido, gli insetti e gli attacchi dei giaguari e delle popolazioni indigene dalle rive dei fiumi che con le cerbottane lanciavano frecce e lance ribellandosi alle intrusioni di stranieri nei loro territori, rendevano il viaggio arduo. I territori erano abitati da varie tribù: Tupi, Chamoes, Omaguas, Quirandies, Guaranis. Lo spagnolo Diego De Ordaz nel 1530 ebbe la licenza di esplorazione del Maranon, e con un equipaggio di 400 uomini attraversò l’Atlantico con l’obiettivo di risalire il grande fiume il Rio delle Amazzoni per cercare i tesori del mitico El Dorado. In quel periodo gli interessi degli spagnoli erano principalmente rivolti verso le coste del Venezuela e le isole delle perle. Nel 1533 Francisco Pizarro si imbarcò in un viaggio verso il Perù nella città di Cuzco, abitata dal popolo Inca, nel palazzo reale trovò calici, brocche, piatti, pentole in oro, furono saccheggiati oro e smeraldi del grande Impero Inca. Seguirono altre spedizioni guidate da Gonzalo Jiménez de Quesada, Nicolas Federmann, Sebastian Benalcazar e da Francisco Orelllana che dalle montagne delle Ande, intraprese il viaggio a bordo di un barcone sulle rive del Coca affluente del Rio Napo nel bacino settentrionale del Rio delle Amazzoni. Intorno al 1540 il commerciante tedesco Philipp Von Hutten decise di dirigersi verso il Rio Vaupés, seppe poi da alcune tribù che c’era un regno chiamato Guarica dove vivevano le Amazzoni, imboccando il Rio Guaviare, Von Hutten arrivò davanti ad una montagna dalla cui sommità nei giorni limpidi era possibile scorgere una grande città piena di immense ricchezze, “una città grande dove nel mezzo sorgeva un tempio molto alto che secondo la nostra guida era abitata da un re che possedeva grandi tesori e adorava una statua di donna tutta d’oro. Si racconta che le case con le pareti e il tetto costruiti in oro puro si riflettono in un lago scintillante, i servizi da tavola e i vari oggetti sono in oro, in rame e in argento. Gonzalo Pizarro attraversando le Ande, guidò una spedizione di spagnoli e indios e cercando l’El Dorado, scoprirono l’albero di cannella. Sulle mappe venivano disegnati sempre nuovi percorsi su dove si potesse trovare il mitico Eldorado. Dalla regione equatoriale nella cordigliera orientale della Colombia si pensava che si trovasse oltre le montagne delle Ande o nei territori del Brasile e della Guyana. Nel 1585 Il colonello spagnolo Antonio Berrio con il suo equipaggio attraversò a cavallo le Ande verso la foresta amazzonica, si diffuse la notizia che Eldorado si trovasse a Nord del lago di Parima in una regione fra il Rio Orinoco e il Rio delle Amazzoni, Manoa una “città d’oro” riportata in numerose carte geografiche.
L’inglese Sir Walter Raleigh si imbarcò in varie spedizioni per trovare Eldorado, e il naturalista prussiano Alexander Von Humboldt insieme al botanico francese Bonpland esplorarono il Sud America, raccontando il mito dell’El Dorado e studiando la fauna amazzonica. Nel corso dei secoli continuarono le spedizioni di esploratori che si addentravano nella giungla amazzonica, cercando antiche civiltà e di avventurieri alla ricerca di depositi alluvionali di oro nell’alto corso dei fiumi mentre le popolazioni indigene venivano sfruttate per cercare l’oro, si davano sempre notizie di nuove zone ma quel meraviglioso luogo sfavillante di ricchezze non è mai stato trovato. Tra il fango e la sabbia dei fiumi, si continuano a cercare giacimenti d’oro, un’attività illegale che ha portato nelle comunità indigene Yanomami, Yekuana, Awajuns droga, prostituzione, inquinamento dei fiumi con il mercurio, deforestazione e sfruttamento del lavoro a servizio delle multinazionali. Mentre per gli stranieri l’oro rappresentava ricchezza, per gli Indios l’oro rappresentava equilibrio, armonia. I nativi offrivano l’oro ai loro Dei attraverso rituali, creando gioielli e lavori artigianali mentre gli stranieri cercavano e usurpavano l’oro per i loro personali benefici. Gli effetti di El Dorado negli stranieri sono l’espansione, l’accumulo di ricchezze e un elegante stile di vita mentre per i nativi ci sono state schiavitù e povertà. Nell’avidità di oro e ricchezze non c’è mai stato rispetto per le popolazioni indigene. Ma la storia di El Dorado intesa come la scoperta di luoghi e antiche civiltà ha da sempre interessato storici, esploratori e archeologi. Nel 2001 l’archeologo italiano Mario Polia scopre negli archivi vaticani, in un documento del 1600 scritti antichi di sacerdoti gesuiti, il viaggio del missionario Andrea Lopez nella foresta amazzonica e la sua visita a una città nella selva, vicino ad una cascata, ricca d’oro e sede di conoscenze mistiche. Durante un viaggio nella foresta amazzonica, Jacek Palkiewicz, trova i ruderi di una città, individuando insieme ad alcuni archeologi della spedizione, un labirinto sotterraneo di grotte sott’acqua che potrebbe essere la mitica città d’oro. Nell’Amazzonia della Bolivia e del Brasile sono state scoperte figure geometriche risalenti ad antichi insediamenti. Archeologi e geografi hanno continuato a cercare tracce di una civiltà antichissima che nel mitico El Dorado ancora oggi mantiene il fascino misterioso della selva amazzonica.