La Via delle Spezie e il naso di Ramesse II
di Silvana Cincotti
Spesso la Storia viaggia attraverso strumenti e oggetti impensabili. Molta storia e moltissima economia è stata decisa nel corso dei secoli dal commercio delle spezie. Sotto l’etichetta delle spezie si intendeva nel passato, un’ampia varietà di merci, compreso lo zucchero, le arance e l’incenso usato da sempre per le fumigazioni e gli atti liturgici. Non esisteva una distinzione chiara e precisa tra l’uso culinario e quello di cura, per cui spesso lo speziale poteva essere anche un medico e un farmacista.
In fin dei conti ancora oggi la parola “ricetta” è presente nel linguaggio delle diverse professioni. Le spezie nel corso della storia hanno acceso la fantasia e scatenato desideri, in un mondo privo, dobbiamo ricordarlo, di alcuni aspetti per noi oggi usuali; non erano conosciuti o diffusi il caffè, il tè, il tabacco e la cioccolata. Condire e speziare un piatto era quindi molto più importante di quanto non lo sia oggi, non solo perché le spezie conservano gli alimenti ma anche per la loro valenza “esotica”. Le spezie venivano utilizzate non solo nella vita ma anche nella morte; immaginate la sorpresa dei primi studiosi che estrassero dalle narici della mummia di Ramesse II (1303 a.C. – 1212 a.C. circa), famoso faraone della XIX dinastia, alcuni grani di pepe; gli antichi imbalsamatori li avevano inseriti, all’interno per evitare di schiacciare troppo la cartilagine del naso con i vari passaggi di bende e allo stesso tempo per conservare il corpo di sua maestà re dell’Alto e Basso Egitto. Una mummia, la sua, che nel 1974, sottoposta a diversi studi, rivelò purtroppo uno stato di deterioramento avanzato. L’aria e l’umidità avevano dato il via ad un processo di micosi, minaccia molto pericolosa per un corpo disseccato, preservato per secoli grazie al caldo e all’asciutto del deserto. Gli egittologi del Museo del Cairo decisero di trasportare il corpo a Parigi per accertamenti. Dovendo viaggiare in aereo, venne realizzato uno speciale passaporto che indicava, come occupazione, la dicitura «re (deceduto)». Il sovrano egizio fece il suo ingresso in Europa, accolto con gli onori militari riservati ai sovrani. Per parlare di uno dei ritrovamenti archeologici più interessanti, dobbiamo spostarci in Siria, sulle rive dell’Eufrate, a Terqa. In un recipiente di ceramica vennero ritrovati alcuni chiodi di garofano, all’interno di una abitazione distrutta durante un incendio avvenuto nel 1700 a. C. circa. Non è un discorso nuovo nella storia e nell’archeologia e anche se può sembrare strano un incendio spesso aiuta lo studioso, perché blocca il tempo e talvolta conserva quanto rimane. Prima dell’età moderna, il chiodo di garofano cresceva in modo esclusivo in cinque piccole isole vulcaniche, molto lontane dalla Siria, Ternate, Tidore, Moti, Makian e Bacan, nel mare delle Molucche, in Indonesia. Questo fa dunque presupporre che esistevano già all’epoca contatti, antiche strade di commercianti e carovane, che mettevano in contatto le aree mediterranee con il lontano Oriente. Quando Colombo raggiunse le coste americane non si rese conto di aver raggiunto un altro continente; non riusciva a riconoscere le spezie del luogo. Ma a ben vedere la conoscenza delle varie tipologie di spezie era all’epoca, piuttosto limitata. E’ interessante ricordare che alcuni viaggiatori partirono alla ricerca della noce moscata nel freddo Canada, così come alcuni Padri Pellegrini per lo stesso motivo giunsero a Plymouth, a sud-ovest dell’Inghilterra, nella contea del Devon, sulla Manica. A questo punto, per chi volesse saperne di più, consiglio la lettura di un libro davvero interessante: Jack Turner, Spezie. Storia di una tentazione, pubblicato in Italia da Araba Fenice, che è, tra l’altro, una casa editrice cuneese.