Smart cities
di Piero Giuseppe Goletto
Il concetto di smart city – che sembra essere la parola d’ordine del momento – è emerso negli anni ’90 come utopia tecnologica urbana, evolutasi oggi in un modello dove la tecnologia trasforma l’uso del territorio. Certo, negli anni ’90 il concetto di smart city poteva avere il sapore della Silicon Valley, cioè delcentro di alta tecnologia.
Oggi la smart city racchiude in sé tutte le promesse di una crescita guidata o perlomeno assistita dalle reti, sperando in soluzioni per migliorare il traffico, la carenza di spazi per il parcheggio, la raccolta differenziata e l’uso dell’energia, oppure la qualità della vita e dei servizi urbani. Se l’idea di città sostenibile scaturisce dal concetto di sviluppo sostenibile ambientale, economico e sociale, il concetto di smart city coniuga l’uso dell’informatica con le infrastrutture urbane e con processi di governo integrati. Anche nel caso delle smart city ciò che si vuole raggiungere è comunque un modello di sostenibilità. In realtà, ciò che è il movimento delle smart cities ha davvero ottenuto è di attirare l’interesse sulle città come motori della crescita economica e sociale e come “macchine per vivere”. E’ vero, è forse più facile riconfigurare come smart city una grande città (Helsinki, lo vedremo in questa serie di articoli, ha promosso lo sviluppo di applicazioni mobili per accrescere la propria sostenibilità; Barcellona rappresenta un caso di assoluto rilievo). Ciascuna città fa storia a sé: tutte però promuovono una visione dai tratti utopistici in cui la tecnologia corregge i problemi che i grandi agglomerati urbani necessariamente causano. Cos’è una smart city? Secondo gli urbanisti è un ambiente urbano altamente efficiente. Per chi vende tecnologia la smart city è un segmento di mercato cui vendere infrastrutture e servizi. Molti analisti ed esperti considerano che la smart city si basi semplicemente sull’uso di informazioni (quando possibile in tempo reale) per risolvere specifici problemi, ad esempio la raccolta differenziata e il controllo del traffico. Secondo un rapporto del Parlamento Europeo, “Mapping Smart Cities in the EU” l’idea di Smart City si radica nella connessione tra capitale umano, capitale sociale, sistemi informativi e infrastrutture, in modo da accrescere lo sviluppo sostenibile e la qualità della vita. Glasmeier and Christopherson, due urbanisti rispettivamente del MIT di Boston e della Cornell University, in un loro importantissimo articolo, considerano che una smart city sia caratterizzata dall’uso della tecnologia per coordinare i diversi sistemi urbani (es. energia, mobilità, rifiuti). Ciò non si esaurisce – secondo tali autori - nell’erogazione di un “servizio migliore” bensì anche, nel tempo, con nuove opportunità economiche, di lavoro e di crescita. Gli stessi autori prospettano che, nel lungo periodo, ne risulti una trasformazione profonda della città. Tale trasformazione comporta nel tempo rilevanti investimenti per operazioni incrementali. Dal punto di vista del cittadino, però, i servizi delle smart cities possono facilitare la conoscenza di situazioni critiche e migliorare la vita in città: questo è vero, però, non soltanto se la cittadinanza si dimostra molto abile a servirsi degli smartphone e di Internet, ma anche mappe cartacee che consentano una lettura “mirata” della città fanno “smart city”. Con questo ci permettiamo di dire che la smart city a nostro avviso è data anzitutto dall’intelligenza che viene inserita nel sistema, ma tale intelligenza non è installata negli algoritmi ma nelle persone che in una città vivono e lavorano.