Alcuni giorni fa ho incontrato Lelio Invernizzi, uno dei figli di Amilcare Invernizzi, con l’intenzione di completare e dare continuità ad una discussione sulla villa Invernizzi. Era importante conoscere meglio la vicenda, analizzare i trascorsi storici ed evidenziare il supporto che la famigli Invernizzi ha dato a Cuneo e nostro malgrado, registrare il poco riscontro ottenuto dalle diverse amministrazioni, quindi non è questione di bandiera politica, in quest’ultimo scorcio di tempo. Oggi Il Comune è proprietario del 98% dell’immobile, salvato dall’abbattimento anni fa perché sotto alla tutela della Soprintendenza ai Beni Culturali.
D. – Che cosa rappresentato la famiglia Invernizzi per Cuneo?
R. – Direi molto. Mio padre era arrivato da Novara e qui ha creato dal nulla un’industria di prim’ordine. Ha lavorato ed abbiamo lavorato con grande continuità per Cuneo, ed in molti frangenti il nostro aiuto è stato importante. Da un punto di vista industriale fummo la prima azienda a produrre lo sbrinz che era un formaggio svizzero che credemmo adatto ai gusti cuneesi per la prossimità con la montagna e poi la produzione di Gorgonzola. Stipati su tre piani diversi interrati. Per la refrigerazione la nostra azienda aveva dei compressori ad ammoniaca che erano all’avanguardia mentre prima la coibentazione avveniva con sughero frapposto tra due muri Ci furono interventi importanti per allestire la centrale del latte. Cuneo non ci aiutò, dirottando da altre parti l’approvvigionamento ad esempio dell’ospedale di cui eravamo fornitori.
Da un punto di vista logistico l’azienda era collocata fuori dall’area dei dazi ma fu a più riprese decisiva nell’approvvigionamento ed aiuto alimentare dei partigiani oltre che a fornire loro i camion che servivano sia per trasporto viveri che per le persone che dalle vallate dovevano raggiungere Cuneo. L’aiuto per i cuneesi fu anche di carattere economico. Mio padre, documenti alla mano ha dato 1.460.000 lire nel tra il 1944 ed il 1945. Con quella cifra in quell’epoca si sarebbero potuti comprare tranquillamente tre palazzi. Mio papà ha aiutato tanta gente partigiani e non senza però riscontri importanti e senza rientrare di quanto aveva dato.
D. – Villa Invernizzi è stata al centro della storia cuneese durante la seconda guerra mondiale. Ci racconta qualche episodio…
R. – Gli accordi che consentirono ai tedeschi di retrocedere sino a Piacenza per poi rientrare dal Brennero, furono firmati nei nostri uffici. Sottoscritti tra tedeschi appunto, gli alleati inglesi ed i partigiani. Questo grazie anche all’aiuto di mio padre che contattò il comandante tedesco, grazie al fatto che conosceva il tedesco avendo studiato a Lucerna in Svizzera, e lo convinse. Tra l’altro proprio mentre bombardava con gli obici l’area circostante la villa in particolare sul terreno di Sant’Antonio. Lui conosceva questo comandate della Wermacht che non ricordo più se fosse tenente o maggiore, perché anche i tedeschi passavano a rifornirsi di burro, formaggi e latte. Quando il camion arrivava si procedeva con la compilazione dei documenti ed il carico. Carichi per due milioni di lire dell’epoca, 1945, che poi il governo tedesco dopo dieci anni, ci ha restituito, e su questo ha pesato la svalutazione della lira.
D. – Cos’è per le lei villa Invernizzi ?
R. – La villa è per me parte del mio patrimonio affettivo, e li ho vissuto sessanta quattro anni. Per questo quando dovetti abbandonarla lo feci con gran dispiacere. A più riprese abbiamo anche con l’aiuto di Michele Calandri ed altri cercato di salvaguardare il patrimonio artistico e la memoria storica che la accompagna. Purtroppo Cuneo ed in particolar modo alcune amministrazioni, non ci hanno aiutato, anzi hanno ostacolato qualsiasi iniziativa volta a preservare Villa Invernizzi.
D. – Villa Invernizzi ed il suo patrimonio artistico….
R. – La villa fu costruita da Giovanni Signorelli, un geometra di Novara amico di mio padre, che a più riprese venne a Cuneo per curare nel dettaglio i lavori. All’interno c’erano testimonianze artistiche importanti. Ad esempio la scalinata ellittica che non ha uno scalino uguale perché si reggono tutti assolutamente all’interno del muro, un lampadario tutto in ferro battuto dell’artista che aveva già fatto la scala, c’era un salotto stile Luigi Filippo, sculture di Piatti un quadro di De Nittis una vetrata con lo stemma che ora è a Roma da mio nipote ed una fontana acquista nel 1918 tutta in mosaico con un motore a 125 volt. Solo per citare qualcosa del tanto che c’era. Indubbiamente il valore di ciascun pezzo è davvero importante. Molto rammarico per la volta crollata causa delle infiltrazioni dell’acqua e del giardino i cui fiori ho recuperato e ripiantato salvandoli. Questa era una villa stile Liberty curata nel dettaglio un peccato averla lasciare andare. Serve recuperarla per cosa ha rappresentato sia da un punto di vista storico che artistico.
D. – Quale rapporto c’è e c’é stato con le diverse amministrazioni della città?
R, – Come accennavo prima Cuneo ci ha lasciati spesso soli, e questo lo dico con rammarico per quanto abbiamo fatto noi per la città. Ed io stesso ne ho avuto a più riprese riscontro. Un’indifferenza da parte delle istituzioni cittadine che coinvolte a più riprese non hanno mai dato disponibilità ad una collaborazione per il recupero della villa. Anzi il paradosso è legato al fatto che sul piano Regolatore villa Invernizzi addirittura non esisteva. Più volte ho invitato l’assessore di turno perché visitasse la villa e ne valutasse stato ed interventi eventuali. La risposta sempre la stessa. E’ questo è sotto gli occhi di tutti.
Come già detto a più riprese questa è villa è memoria storica, artistica ed esempio di una sorta di archeologia industriale deve essere valorizzata perché esempio di un retaggio di cuneesità. Per questo sarebbe forse opportuno ragionare sul un progetto che intervenendo sulla villa possa riqualificare anche l’area. E la destinazione d’uso? Si può spaziare da area museale, a centro di aggregazione a spazio didattico formativo. Credo debba prevalere un confronto che chiarisca ed il fatto che la villa non si trovi perché non è neppure disegnata sul piano Regolatore della città, sia uno schiaffo alla memoria. Una nota a margine di questa vicenda mi scappa e mi fa chiedere conto di quell’indifferenza che non vorrei fosse un tacito assenso a non intervenire a lasciare andare tutto e questo sarebbe un peccato davvero grave non importa per quale ragione o per quale bandiera.